PRIMA NAZIONALE

LA TRAGEDIA DI RICCARDO III

adattamento e regia Renata Palminiello

movimento Elisa Cuppini

con (in ordine di apparizione) Rosanna Sfragara, Sena Lippi, Mariano Nieddu, Costantino Buttitta,

Gabriele Reboni, Massimo Grigò, Sofia Busia, Daniela D’Argenio, Carolina Cangini, Jacopo Trebbi

e con Irene Berni, Letizia Bugiani, Riccardo Ciafro, Zeno Cocchi, Nicola Maraviglia, Elena Meoni,

Alessandro Nannini, Emma Novelli, Olga Novelli, Franco Paluzzi, Lucrezia Pallotti Degli Esposti, Federico Pelliccioni,

Tiziano Pratesi, Moreno Scoscini, Eugenio Ulivagnoli, Silvia Venturi, Matteo Vitale

musicisti in scena Virginia Belvedere, flauto – Giulio Soldati, tromba

luci Emiliano Pona – consulenza musicale Massimo Caselli – maestro di canto Marco Mustaro

assistente alla regia Matteo Tortora

armature ideate e realizzate da Francesco Silei

oggetti di scena ideati e realizzati da Liceo Artistico “P. Petrocchi” Pistoia

elementi di scena realizzati da Laboratorio Scena & Tecnica Associazione Teatrale Pistoiese

una creazione che si è avvalsa della collaborazione artistica di Bruno Stori

in collaborazione con Armunia Centro di Residenza Artistica Castiglioncello

e Scuola di Musica e Danza “T. Mabellini” Pistoia

produzione
Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Toscana

 

Un percorso artistico per la città di Pistoia ideato dall’Associazione Teatrale Pistoiese assieme a Renata Palminiello: un’esperienza di creazione radicata nel territorio. La tragedia di Riccardo III, che inaugura la stagione 2016/2017 del Teatro Manzoni, è il frutto di un lavoro iniziato a settembre 2015 e che ha coinvolto in varia misura gli spazi ed i giovani della città di Pistoia. Accanto ad un gruppo di dieci attori professionisti, saranno infatti in scena gli undici studenti che hanno partecipato al Laboratorio di formazione teatrale «Progetto Riccardo», organizzato da febbraio a maggio 2016 dall’Associazione Teatrale Pistoiese, quattro adulti non professionisti e due allievi della Scuola di Musica e Danza “Mabellini” di Pistoia. Gli oggetti di scena sono stati ideati e realizzati dagli studenti del Liceo Artistico “P. Petrocchi” di Pistoia, sotto la supervisione dei loro insegnanti. Lo spettacolo, presentato per circa un centinaio di spettatori a sera in un Teatro Manzoni dall’inedita prospettiva, sarà proposto per questa occasione unica e speciale.

NOTE DI REGIA

di Renata Palminiello

Questo materiale drammaturgico è inevitabilmente parte della nostra memoria, nel Riccardo, come in altri testi di Shakespeare, ci sono intere frasi di cui siamo sicuri di conoscere il significato, che aspettiamo di ascoltare dagli attori, appuntamenti ai quali siamo arrivati in anticipo, sicuri. Poi comincia il lavoro e crollano una ad una le certezze, “prendere non è dare” forse non vuol dire proprio quello che ci sembrava, vacilla persino “il mio regno per un cavallo”. E si ricomincia da capo, dagli errori, dalla confusione. Perché è così difficile ricordarsi, per esempio, che il morto che Anna vuole seppellire non è suo marito ma suo suocero? E poi perché non è suo marito? Anche nelle risposte poi si comincia a sbagliare. Elisabetta dice a Riccardo “i miei bambini erano destinati ad una morte più bella se iddio avesse concesso a te il dono di una vita più bella”, ma una analisi psicologica fatta di traumi infantili, di progetti di vendetta contro la vita crudele, non costruisce da sola l’azione drammatica necessaria alla scena. Perché Clarence ci sembra una vittima mentre è un colpevole, perché dimentichiamo il torto subito da Margherita e chiediamo la sua follia?

Così si comincia a fare, a stare nelle scene senza pensare di doverle possedere interamente. Si comincia di fatto a non fidarsi solo di se stessi e si accettano i maestri, gli archetipi dei personaggi, la Storia, il linguaggio.

Si scopre così che bisogna stare nel tempo veloce e lento che dà la scrittura, che è meglio pensare all’amore piuttosto che al dolore nato dalla sua perdita, che è impossibile lavorare una scena separata dall’altra, perché i personaggi sono “lunghi”, si allungano verso la successiva, hanno obbiettivi diversi ma uno su tutti: vogliono sopravvivere. Questo non li rende innocenti, ma li rende vivi. E la follia vera è solo di chi “par che voglia morire” .

RICCARDO III di William Shakespeare

La trama

La vicenda si svolge durante la Guerra delle due Rose (1455-1485) che vide lottare per il trono d’Inghilterra la casata di York (la rosa bianca) e quella dei Lancaster (la rosa rossa).

Dopo aver ucciso il reggente, Enrico VI di Lancaster e suo figlio Edoardo e aver condannato all’esilio la regina Margerita d’Angiò, gli York salgono al trono. Il nuovo re, Edoardo IV di York, sposato a Elisabetta Woodeville, si ammala ben presto ed è così destinato a morire dopo poco di morte naturale. Riccardo Duca di York, fratello minore del re, fomenta gli odi e le controversie intestine alla casata, cospirando affinché muoiano tutti coloro che si interpongono fra lui e il trono. Innesca una diabolica macchina di inganni che lo fanno sembrare sempre estraneo ai fatti e solidale con tutti: fa imprigionare e uccidere il fratello Giorgio Duca di Clarence che lo precede nella linea di successione al trono; seduce e sposa Lady Anna, vedova di Edoardo di Lancaster; alla morte del re, diventato egli stesso Protettore del nipote Edoardo, erede al trono, provvede a rinchiuderlo col fratellino nella Torre di Londra; fa uccidere tutti i parenti di sua cognata Elisabetta e i pari del regno che intravede come ostacoli ai suoi piani. Ordina infine la morte dei due giovani principi e diventa così re Riccardo III. Non arresta però la sua scia di sangue e condanna a morte anche sua moglie Anna e il fedelissimo cugino Buckingham. Risparmia solo sua madre, la Duchessa di York, Margherita d’Angiò ed Elisabetta di Woodeville, che sembrano destinate a sopravvivere per veder morire tutti i propri cari. Quando il conte di Richmond muove le sue truppe contro di lui, Riccardo è ormai un uomo solo circondato dai suoi fantasmi e viene sconfitto sul campo di battaglia. Richmond proclama allora la definitiva risoluzione del conflitto fra le casate, restaura la pace sposando Elisabetta, la giovane figlia di Edoardo IV e diventa il nuovo re d’Inghilterra, Enrico VII.

LA TRAGEDIA DI RICCARDO III – lo spettacolo

CONVERSAZIONE CON RENATA PALMINIELLO

a cura di Giulia Bravi

Come sei passata dalla formazione alla creazione dello spettacolo?

Gli adolescenti hanno partecipato da febbraio a marzo 2016 a un percorso di formazione strutturato utilizzando solo il materiale drammaturgico di Riccardo III. Sono stati dunque messi in una condizione di indagine, studio e creazione, per la costruzione dei personaggi che avrebbero interpretato e, come gli attori professionisti, hanno cercato gli strumenti più adatti a rappresentare sulla scena quest’opera. L’obiettivo di questa formazione era il raggiungimento dell’autonomia e la consapevolezza necessarie per potersi muovere dentro le scene. Anche gli attori professionisti e non, durante brevi residenze di lavoro, hanno lavorato sui personaggi e sull’analisi drammaturgica prima dell’inizio delle prove. Da gennaio 2016, dopo che la preside del Liceo Artistico Petrocchi ha accolto il progetto, sono iniziati gli incontri con le classi del liceo per la realizzazione degli oggetti di scena. Un lavoro diverso da una semplice commissione, perché i ragazzi non si sono trovati nella condizione di realizzare progetti altrui, ma li hanno ideati dando forma agli stimoli che progressivamente maturavano durante gli incontri. Le loro creazioni hanno determinato delle scelte nella genesi dello spettacolo vero e proprio; una collaborazione di competenze, che era tra gli obiettivi originali del progetto.

Dopo aver individuato le linee drammaturgiche delle scene, il lavoro degli attori procede con un alto grado di autonomia; sono autonomi nella proposta delle azioni drammatiche e nei modi della qualità del movimento che danno ai loro personaggi.

I livelli su cui lavorare sono molti: da una parte c’è il racconto della storia, mantenere chiarezza è un obiettivo prioritario, poi c’è quello di ciascun personaggio, delle sue relazioni con gli altri personaggi e con ciò che accade durante la storia; ancora il livello della specificità del linguaggio drammaturgico, la sua particolarità, la sua qualità. Perché lavorare su Shakespeare è diverso da lavorare su Čechov, ad esempio; infine c’è lo spazio specifico nel quale si decide di rappresentare la tragedia, in questo caso il Teatro Manzoni.

Il lavoro con i non professionisti non è facile ma stimolante; devo accettare le loro caratteristiche e farne drammaturgia. Solo allora le individualità diventano un valore aggiunto al personaggio. Gli attori non professionisti che hanno una certa età sono stati da noi definiti “i sopravvissuti”, perché in ogni guerra civile questi sono pochi e se sopravvivono lo fanno perché sono stati più furbi o più vigliacchi. Il gruppo degli attori professionisti è composto da persone della generazione di mezzo, sono quelli che fanno la guerra, che fanno la storia, quelli che uccidono e che muoiono. Il gruppo degli adolescenti è lo sguardo nuovo su ciò che accade: sono il futuro possibile, così che l’acerbità della recitazione è l’innocenza. Questo tipo di drammaturgia contiene degli elementi di concretezza e di astrazione e mette a dura prova gli attori. In questo progetto su Riccardo III il contatto diretto tra professionisti e adolescenti non professionisti ha dato, secondo me, degli strumenti in più per ottenere la concretezza. Anche Elisa Cuppini ha lavorato dal punto di vista del movimento per trovare delle soluzioni alla relazione tra concretezza e astrazione.

Il testo è un tuo riadattamento del Riccardo III di Shakespeare e di alcuni frammenti della terza parte dell’Enrico VI, perché hai deciso di usare materiali provenienti da due tragedie?

Ho scelto i frammenti dell’Enrico per presentare alcuni personaggi, Margherita per esempio, e per evitare l’introduzione che sempre accompagna le versioni cinematografiche del Riccardo in cui si spiega che siamo alla fine della guerra civile tra la casata dei Lancaster e quella degli York. L’assassinio del giovane erede figlio di Margherita è il primo atto insopportabile, la prima azione disumana, e trascina tutta la storia. Nel Riccardo III la guerra civile diventa guerra dentro una sola famiglia; questo la rende sempre più crudele e rende il dolore sempre più vivo.

Puoi parlarci dell’utilizzo particolare che fai dello spazio teatrale?

Il progetto è nato inizialmente per essere rappresentato all’aperto, nel cortile interno del Teatro Manzoni. A me piace lavorare sugli spazi e i luoghi non convenzionali, è un lavoro che deriva da Thierry Salmon; ma per motivi tecnici non è stato possibile. A quel punto abbiamo deciso con la produzione di realizzarlo all’interno del teatro Manzoni. Stavo cercando una nuova ricezione del lavoro da parte del pubblico, volevo che fosse dentro la storia, che i personaggi fossero vicinissimi e lontanissimi e che le loro nefandezze fossero osservate dall’alto. Volevo anche indagare la possibilità di una visione circolare come offrivano i teatri elisabettiani. Così è nata l’ipotesi di togliere le sedie dalla platea e agire in uno spazio semicircolare molto grande che comprendesse platea e palcoscenico, lasciando al pubblico soltanto l’accesso al primo e secondo ordine di palchi. Lo spazio è stato uno dei tre elementi fondamentali della creazione insieme al materiale drammaturgico e al gruppo degli attori.

Appena entra in teatro il pubblico si mette immediatamente nella condizione di accettare gli artifici della finzione. Per questo possiamo trasformare lo spazio reale in molti spazi differenti, perché il pubblico lo accetta di fatto e non siamo obbligati a dare delle identità sempre uguali ai diversi luoghi dello spazio: la platea non è sempre la reggia, il palco non è sempre la guerra. Esplorare le potenzialità dello spazio, una parte di lavoro imparata da Thierry, serve a capire se il pubblico sta in una posizione come recepisce le scene. Nelle scelta della disposizione del pubblico abbiamo tenuto conto della specificità dei personaggi shakespeariani che hanno insieme due qualità che sembrano distanti: una che li rende naturali e vicini e un’altra che li proietta verso l’archetipo.



Video

Teatro Manzoni Pistoia

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Date

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  • martedì, 20 Settembre 2016
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  • venerdì, 23 Settembre 2016
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  • domenica, 25 Settembre 2016
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  • martedì, 4 Ottobre 2016
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  • mercoledì, 5 Ottobre 2016
    ore 20.30

  • giovedì, 6 Ottobre 2016
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  • venerdì, 7 Ottobre 2016
    ore 20.30

  • sabato, 8 Ottobre 2016
    ore 20.30

  • domenica, 9 Ottobre 2016
    ore 16.00

  • martedì, 11 Ottobre 2016
    ore 20.30

  • mercoledì, 12 Ottobre 2016
    ore 20.30

Prezzi

La prevendita biglietti partirà da giovedì 22 settembre alla biglietteria del Manzoni e on line su teatridipistoia.it

Info 0573 991609 – 27112

 

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