esclusiva toscana
venerdì 2 dicembre, ore 21 (turno V)
sabato 3 dicembre, ore 21 (turno S)
domenica 4 dicembre, ore 16 (turno D)
IVANOV
di Anton Čechov
traduzione Danilo Macrì
con Filippo Dini, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Antonio Zavatteri, Orietta Notari,
Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe
regia Filippo Dini
musiche Arturo Annecchino
scene e costumi Laura Benzi
luci Pasquale Mari
Fondazione Teatro Due / Teatro Stabile di Genova
Premio Le Maschere del Teatro italiano 2016 per la miglior regia a Filippo Dini
Premio della Critica ANCT 2016 a Orietta Notari
durata: 2 ore e 50 minuti (compreso intervallo)
PREVENDITA: Biglietteria Teatro Manzoni Pistoia 0573 991609 – 27112
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IL TEATRO SI RACCONTA
Incontro con la compagnia
sabato 3 dicembre 2016, ore 17.30
Ospedale San Jacopo – Sala Cinzia Lupi (via Ciliegiole, Pistoia)
ingresso libero fino a esaurimento posti
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Sono sicuramente meritati i premi andati a uno degli spettacoli migliori della passata stagione, che ha ‘rivelato’ in Filippo Dini un nuovo regista oltre alla conferma di un ottimo ‘primattore’.
Ivanov è la prima delle grandi opere teatrali di Anton Čechov, scritta nel 1887, all’età di 27 anni. Racconta l’ultimo anno di vita di un uomo che si trova a fare i conti con la propria incapacità di vivere, l’inadeguatezza verso il mondo che lo circonda e l’irrimediabile perdita di ogni speranza nei confronti della vita (…). Le sue aspirazioni intellettuali, unite al senso d’impotenza, fanno di lui un eroe negativo, incapace d’affrontare la crisi.
“Ivanov trascina tutti nel tunnel nero dell’inattività, della paralisi mentale e spirituale, tutti lottano contro di lui o tentano di guarirlo, fino all’estremo sacrificio (…). Ogni personaggio si pone in relazione a lui secondo le proprie capacità o la propria propensione; nessuno rimane estraneo a questo confronto. Ivanov rappresenta la fine di ogni amore, non disillusione o delusione. Ma la fine di ogni amore, per le leggi umane e divine, per gli uomini, per gli ideali, è quindi la fine di ogni speranza. (…) La grande sfida del nostro allestimento è aver scelto un cast di solo 9 attori, fra i quali vorrei si generasse un gioco interno attraverso i doppi ruoli, per creare una sorta di secondo mondo parallelo, di doppio deforme, creando dei caratteri altri, un insieme di figure mostruose e grottesche che circonda Ivanov e gli altri personaggi. L’immortalità di questo testo e la sua bruciante contemporaneità sta proprio nella descrizione di una ‘umanità alla fine’, una società sull’orlo del baratro, che avverte l’arrivo di un’apocalisse, che di lì a poco spazzerà via tutto il mondo per come lo abbiamo conosciuto fino a quel momento. Di lì a 30 anni, infatti, ci sarà la Rivoluzione, e anch’essa sarà causa o effetto (a seconda dei casi) di tante rivoluzioni in Europa (…). La fine di Ivanov, autoinflitta ovviamente, che arriva al termine della commedia, è la fine del nostro Ivanov, quello dentro di noi, che abbiamo visto scalpitare e soffrire e cercare di risollevarsi infinite volte, l’abbiamo visto credere in un nuovo innamoramento e in una nuova speranza (…).”
(Filippo Dini)