Si ricorda agli abbonati della domenica pomeriggio (TURNO D) che domenica 18 dicembre (ore 16) si recupera al Teatro Manzoni la recita de “I SEPARABILI (Romeo e Sabah” che era stata rinviata il 30 ottobre scorso a causa di un infortunio occorso all’attrice Chiara Caselli. Biglietti e abbonamenti acquistati sono VALIDI per la nuova data.
DOMENICA 16 DICEMBRE 2022 (ore 16)
I SEPARABILI (Romeo e Sabah)
testo Fabrice Melquiot
regia e spazio scenico Sandro Mabellini
traduzione dal francese Anna Romano
con Alessandro Benvenuti, Chiara Caselli
sand artist Gabriella Compagnone
movimenti di scena Giselda Ranieri
Arca Azzurra / ATP Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale
con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Toscana
Un uomo e una donna tornano dopo anni, da adulti, nel luogo in cui hanno vissuto con i propri genitori. Abitavano nello stesso condominio, ma in due edifici diversi. Tornando nella propria casa, ambedue iniziano a rivivere quello che già avevano vissuto. La storia di Romeo e di Sabah un bambino e una bambina di nove anni, entrambi solitari, che hanno costruito dei mondi immaginari: lui al galoppo sul suo cavallo di legno; lei, con le piume in testa, come una guerriera Sioux a caccia di bisonti. All’inizio diffidenti, si legano pian piano di un’amicizia indistruttibile, che sfida i codici sociali. Un legame visto di cattivo occhio dagli adulti, lontani eredi delle famiglie nemiche degli amanti di Verona. La brutalità degli adulti e i loro pregiudizi razzisti riusciranno a distruggere questo amore incondizionato?
Note di regia
Spesso, nelle storie che scrive Melquiot, immagina dei bambini perplessi. Bambini che non accettano la realtà per come gli viene data.
Bambini dubbiosi, inquieti. Bambini che di fronte alla luce cruda delle cose, per come si presentano, oppongono la loro sete di qualcos’altro: un desiderio di far sì che la loro presenza nel mondo ne aumenti la poesia, il sogno, i dubbi, l’enigma.
Romeo e Sabah contengono dentro di loro il reale ed il presente, così come il teatro e l’atemporalità.
Sono fatti del nostro essere infante, ciò che pensiamo di essere stati.
Attraverso di loro, la nostra parte più pura si può riconoscere e perdere, come davanti a quegli specchi che deformano la nostra immagine e la restituiscono nella sua stramba ilarità.
Qua i due bambini si amano, malgrado tutto, si amano malgrado le minacce dettate dal rancore, malgrado la paura, il sospetto degli adulti di fronte agli adulti.
I due bambini, essendo tutto ascolto ed istinto, sentono nell’aria che respirano montare il vento dei nazionalismi.
Siamo malati dell’altro, che accusiamo dei nostri mali.
Siamo malati, di una malattia che ci rende inaccettabile ciò che è diverso.
In teatro, perciò, siamo invitati a sognare altre parole, altri corpi, perché comunque ci resta la poesia, come diceva Silvia Plath.
(Sandro Mabellini)