TEATRO MANZONI PISTOIA
“Altri linguaggi”
Giovedì 17 Novembre 2016, ore 21
CANTICO DEI CANTICI
di Virgilio Sieni
interpreti Claudia Caldarano, Luna Cenere, Giulia Mureddu, Riccardo De Simone, Maurizio Giunti, Davide Valrosso
coreografia e spazio Virgilio Sieni
musiche originali eseguite dal vivo dall’autore Daniele Roccato (contrabbasso)
elemento scenico in foglie d’oro Giusto Manetti Battiloro S.p.A.
luci Mattia Bagnoli
costumi Elena Bianchini
Festival Aperto/ Fondazione I Teatri di Reggio Emilia / Compagnia Virgilio Sieni
durata: 1 ora (senza intervallo)
“Tutto si origina dal libro conosciuto come Cantico di Salomone, il più sublime tra i cantici, dove confluiscono, a partire dal IV secolo a.C., poemi mesopotamici. Qualcosa accade in una pianura d’oro, tavola dove si svolge l’azione. Corpi che si definiscono attraverso il bagliore della luce che sempre si muove tra notturno e penombra. Tutto si articola attraverso otto momenti: idilli pastorali, frammenti sull’amore in forma di adiacenza, vicinanza e tattilità. Nel silenzio tagliente, vacuum lucreziano.
La proliferazione continua del gesto tende a creare uno spazio scheggiato dove la danza perduta di uomini e donne, stravolge i corpi che insieme tendono a costruire la fisicità di un luogo primordiale e primitivo. Si odora di origine. Una canzone a due voci che risuona in tutti i corpi. Piacere, dolcezza e tormento dei gesti. S’intravede nella penombra un pascolo odoroso di corpi.Otto momenti che indagano, se è possibile, e se così si può dire, il vuoto sacrale che non nega niente e annuncia qualcosa con le sue membra.”
(Virgilio Sieni)
“Mille le sfumature, le scomposizioni del movimento, una foresta nel quale lo spettatore viene sprofondato e portato a sperdersi, per ritrovarsi negli intrecci dei sei danzatori, dei sei corpi, tre e tre, due e due e due, e alla fine, quando gli altri sfumano nel buio, in una coppia che nel cerchio dorato circonfuso di buio si incontra, si tocca, si muta più che in due corpi in un essere in un grumo solo di materia, di carne, come all’origine, come nell’uovo, come nel desiderio più sfrenato, come nell’argilla primeva. Per poi staccarsi, affiancati i due, distesi sull’oro dai riflessi ramati, oscurato, in una notte tiepida che ci fa volare con quel cerchio di tremula visione verso qualche intangibile vicinissimo spazio siderale, un’isola – la nostra – quella interiore – sospesa in un cosmo ancora da esplorare. Rapimento. Bellezza. Struggimento. Silenzio.”
(Massimo Marino, “Corriere di Bologna”)